Info tratte dalla Pro Sesto.
Il Giardino all’Italiana è la naturale evoluzione del giardino del Rinascimento, in cui regna una perfetta armonia.
Risponde ad una concezione secondo la quale nel giardino viene ricreato l’ordine cosmico mediante l’applicazione del ritmo e dell’armonia, della proporzione e dell’equilibrio, che si dichiarano nell’utilizzo di un rigido geometrismo e nel rigoroso controllo di tutte le parti e del rapporto di esse con il tutto.
Le caratteristiche che contraddistinguono il giardino all’italiana sono la geometria dei tracciati e delle aiuole sempreverdi e/o fiorite; la potatura, volta a creare disegni geometrici dalle forme regolari; la presenza di elementi architettonici sapientemente armonizzati con il verde e la presenza di statue e fontane.
Il nostro giardino, la cui realizzazione avviene nella prima metà del Novecento, certamente si rifà alla tradizione del cosiddetto giardino all’italiana, ma, nel contempo, risente di modalità compositive già affermatesi soprattutto oltralpe, con grande interesse per le rose e per “giochi” cromatici di altri fiori, così come per un raffinato rapporto tra luce ed ombra, determinato dall’arcate di rose.
Il giardino Burovich, dopo anni di abbandono, è rinato (2001-2002) da un progetto ricompositivo, commissionato dall’Amministrazione comunale, disegnato dall’architetto Paolo De Rocco e fatto eseguire da Benedetta Piccolomini, paesaggista ed esperta di rose storiche.
Sulla base di
elementi documentari, quali vecchie foto aeree, il progetto ha
inteso riprendere l’immagine originaria del giardino, proiezione
all’aperto dello spazio abitativo del palazzetto. Si tratta dell’ex residenza di Vincenzo
Burovich de Szmajevich, stabilitosi a Sesto in una delle aziende
agricole di famiglia, con la moglie Santina dei nobili
Scaletaris. Quest’ultima probabilmente è l’autrice del giardino.
L’assetto giardinistico risponde al gusto di un raffinato giardino
privato, padronale, nell’epoca che precede la seconda guerra mondiale.
Sembra proporsi come un piccolo quadro nel quale immergersi e riposare
tra profumi e colori di altri tempi.
La forma del parterre nella sua
interezza è, oggi, comunque leggibile. Infatti il disegno nella parte
scomparsa è evocato da una pavimentazione differenziata in materiale
lapideo. Alla recintazione del giardino in siepe di carpino bianco
(Carpinus betulus) si sostituisce, per un tratto, un graticcio ligneo “a
gelosia”, ricoperto di rose, che separa la parte del parterre vivente
da quella in pietra e sasso. Si è, infatti, optato, all’interno
dell’attuale perimetro dello spazio verde, per una ricostruzione
dell’assetto topiario, sulla base dell’impianto d’origine, con nuovi
cespugli di bosso.
Concorrono all’immagine del giardino moltissime specie e varietà di fiori che, qui, per economia di spazio, non è possibile compiutamente elencare. Si ricorda la presenza di iris, sia nel novero delle “barbate alte” che delle “crestate”, di gigli, come Lilium candidum, noto come Giglio di Sant’ Antonio, di Hemerocallis, di scille, di narcisi, di anemoni, di nigelle (Nigella damascena), di lavande, di primule selvatiche, di vecchie cultivar di fragola a frutto piccolo, di violette e di una vera e propria “collezione” di aquilegie. Queste specie trovano distribuzione nel giardino a seconda delle loro diverse esigenze di luce.Nelle zone d’ombra troviamo, inoltre, felci, ellebori (Helleborus corsicus e Helleborus niger), acanti, gruppi di mughetti (Convallaria majalis) e di bucaneve.
Presenti nello spazio giardinistico principale sono anche alcuni arbusti da frutto e/o da fiore. Una Buddleia davidii si riempie di variopinti nugoli di farfalle che frequentano i suoi fiori azzurri. All’immagine del giardino contribuiscono anche le glicini (Wistaria sinensis) sulla facciata interna del palazzetto, che si sorreggono alle arcate metalliche del corpo edilizio costituito dal vecchio fogolàr.
Tuttavia il giardino, che offre non comuni occasioni di
percezioni cromatiche e olfattive, si caratterizza soprattutto come
roseto. Alcune rose d’epoca, salvate attraverso il recupero dello spazio
giardinistico, appartengono all’impianto originario e sono, tuttora, in
attesa di precisa identificazione.
Nel ricomporre lo spazio verde si è ritenuto opportuno inserire anche alcune rose cosiddette moderne, soprattutto quelle denominate “rose inglesi” e dovute al notissimo ibridatore David Austin. Queste rose presentano analogie con quelle storiche per forma, profumo e colori sfumati, ma hanno il dono della rifiorenza. L’intento è stato quello di dilatare, oltre maggio e giugno, l’immagine della rosa in fiore nel nostro giardino. Accanto alle rose salvate e alle rose moderne, di cui si è appena detto, presenze significative sono costituite da rose storiche.
A fini esemplificativi
si ricorda tra le rose galliche presenti un esemplare di Cardinal de
Richelieu, che ha assunto in sito dimensione davvero rara per questo
tipo di rosa. È varietà originaria dell’Olanda, già presente nel
giardino europeo intorno alla metà dell’Ottocento; famosa e apprezzata
per la corolla porpora intenso, offre un profumo improntato alla
leggerezza e alla delicatezza. Sempre alle gallica appartiene un
bell’esemplare di “Rosa complicata“. È, però, ritenuta un ibrido di
gallica con la canina o con la profumatissima macrantha. Come altre, nel
nostro giardino, si erge entro un supporto metallico colonnare,
esemplato dalla tradizione .Una rosa storica di notevole bellezza, ma
poco diffusa, è Leda della classe delle rose damascene o damaschine,
come si diceva, un tempo, a Venezia. È nota anche con il nome di Painted
Damask.
Un’altra bella damascena è Celsiana dai fiori
semidoppi, profumatissimi, grandi e aperti di un color rosa, che, con il
sole, sfuma nell’avorio; gli stami centrali sono dorati. Diffusa nel
giardino europeo prima del 1750, secondo qualche autore sarebbe stata
già conosciuta addirittura dagli antichi romani. Sul supporto in asse con
il percorso centrale, caratterizzato in sommità dalla sagoma di un
galletto segna-nord, si arrampica una Rosa laevigata, nota anche con il
sinonimo di Rosa camelia. È ascritta tra le rose botaniche. Si tratta di
una rosa cinese riscoperta, però, negli Stati Uniti, dove si sarebbe
“misteriosamente” naturalizzata. Più spesso, è chiamata Rosa Cherokee.
Possiede foglie lucenti e grandi fiori bianco avorio a cinque petali.
Nel giardino sono presenti oltre quaranta varietà di rose, che si offrono a un curioso percorso di scoperta da parte del neofita, ma anche al competente piacere dell’appassionato.
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